Danno non patrimoniale e da perdita di chance

16/03/2022

Secondo Cassazione civile, sez. III, sentenza 21/09/2017 n. 21939, il danno non patrimoniale è da liquidarsi sulla scorta di una personalizzazione basata sull’esperienza di vita della vittima.
Appare quindi corretto liquidare un’unica voce di danno, calcolata sulla base delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, ai fini della valutazione del danno biologico, purché sia oggetto di adeguata personalizzazione onde ricomprendere in tale risarcimento il ristoro di ogni pregiudizio subito dalla persona considerata non in chiave statica (lesione del bene giuridico salute intesa come integrità fisica), bensì dinamico-relazionale (lesione del bene giuridico salute inteso come benessere), valorizzando cioè il profilo – attinente al danno c.d. conseguenza – del pregiudizio continuativamente risentito dalla persona nei diversi momenti e contesti in cui trova esplicazione la propria personalità, secondo un giudizio standardizzato (c.d. tipicità sociale delle attività precluse o compresse, e delle relative implicazioni psicofisiche secondo l’id quod plerumque accidit) e ciò nondimeno adeguato alla specificità del caso concreto (Tribunale Piacenza, 21/05/2019 n. 319).
Sul punto, è opportuno riportare l’orientamento più recente della Suprema Corte (Cass. Civ. Sez. III sent. 17 gennaio 2018 n. 901; Cass. civ. sez. III ord. 27 marzo 2018 n. 7513; Cass. civ. sez. III sent. 31 maggio 2018 n. 13770; Cass. civ. sez. III ord. 28 settembre 2018 n. 23469 e Cass. civ. sez. III ord. 30 ottobre 2018 n. 27482), in base al quale l’unitario danno non patrimoniale, che trova la propria legittimazione risarcitoria nell’art. 2059 c.c., è costituito da due componenti, ossia dalla sofferenza interiore (o danno morale subiettivo) e dalla sofferenza esteriore (o danno dinamico-relazionale), così come l’altrettanto unitario danno patrimoniale, il cui risarcimento è regolato dall’art. 2043 c.c., comprende le voci tanto del danno emergente quanto del lucro cessante. La previsione di siffatte componenti del danno non patrimoniale non ne compromette l’unitarietà giuridica, intesa come garanzia di unicità del riconoscimento del pregiudizio e della relativa liquidazione, pur a fronte dei plurimi valori costituzionali incisi, secondo le medesime regole e criteri.
Significativa al riguardo è Cassazione Civile n. 7513/2018 che, tra i punti del decalogo sul risarcimento del danno alla salute, precisa: “8) In presenza d’un danno alla salute, non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione d’una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, e d’una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione)”.
Il dato concernente la misura liquidatoria deve quindi essere adeguatamente rimodulato in considerazione delle condizioni personali e sociali del danneggiato e di ogni altro indice presente nella situazione concreta della parte lesa, apprezzabile in funzione della perimetrazione del contenuto specifico delle possibilità perdute, da valutarsi sotto ogni profilo rilevante e attinente ai riflessi sulla sua integrità psico-biologica, al condizionamento e al pregiudizio nello svolgimento delle sue attività areddituali, ad ogni ulteriore aspetto morale che concorre a descrivere il danno non patrimoniale, sulla base delle risultanze e delle allegazioni anche presuntive offerte dalla parte. Una tale rimodulazione risponde a quella esigenza di “personalizzazione” del danno che rappresenta un’operazione imprescindibile in sede di risoluzione della controversia.
Con riferimento al danno da perdita di chance, il Tribunale di Milano (con sentenza N. 14161/2016 pubbl. il 28/12/2016 R.G. n. 13456/2013) ritiene che non possano trovare pedissequa applicazione le griglie dei valori individuati dalle Tabelle milanesi, pur potendo tuttavia le componenti offerte dalla valutazione tabellare offrire parametro condiviso per procedere ad una liquidazione equitativa del danno da perdita di chance, tenendo conto dell’età e delle condizioni generali di salute del paziente. Il suddetto danno configura un’autonoma voce di danno patrimoniale attuale, essendo una posta attiva già presente nel patrimonio del soggetto al verificarsi dell’illecito e che va commisurato non alla perdita del risultato stesso ma alla perdita della possibilità di conseguirlo (ex multis Cass. 29 nov 2012 n. 21245). Per la liquidazione di tale danno, che deve avvenire in funzione della possibilità che aveva il danneggiato di conseguire il vantaggio sperato, la giurisprudenza è unanime nel riconoscere la possibilità di ricorrere alla prova per presunzioni, e la stessa può avvenire su base equitativa, posta la naturale difficoltà di provare il preciso ammontare del pregiudizio economico dovuto alla perdita della chance, ex art. 1226 c.c.
Cassazione Civile Sez. III n. 2644 del 2013 ha statuito che il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, è da valutare su base prognostica e il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici. Pertanto, provata la riduzione della capacità di lavoro, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, come nella fattispecie, è possibile presumere che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura qualora la vittima già svolga un’attività o presumibilmente la svolgerà.